Prologo
La notte è sempre stata per me come l'utero materno. Nel fumo e nella calca provavo in poco tempo tutto quello che nella quotidianità ci volevano giorni e giorni per rimediare. Il susseguirsi delle emozioni, delle sensazioni, degli stati d'animo accelera in modo esponenziale bruciando le tappe. Nei clubs e nei locali adoravo gli avventori, così surreali a volte, e allo stesso tempo li detestavo quando mi si aggrovigliavano addosso, quando spingevano, quando emanavano puzze di docce rimandate a tempi indefiniti. Amavo le donne, anche quelle brutte, a volte mal vestite o fuori moda nelle acconciature e nei modi di dire, poi le trovavo orribili e del tutto indesiderabili... fastidiose talvolta. Avevo sonno un istante prima di sentire di non aver bisogno di dormire mai... e senza sostanze sintetiche. Avevo fame e un momento dopo ero sazio senza aver messo nulla in bocca. Era tutto così di notte, una cosa e il suo contrario, una parola azzeccata ed un silenzio più eloquente della stessa.
Quella sera ero in un jazz club di Roma, uno di quelli da fighetti, e la musica era spesso edulcorata per renderla più alla portata di tutti, anche di chi, col jazz, sentiva solo crampi di noia allo stomaco ed era lì, in compagnia di molti altri simili, per atteggiarsi con donne annoiate a loro volta. Agli occhi degli altri, che in realtà non mi filavano proprio, mi sentivo un po' come loro quella notte ma c'era Pat Luiss sul palco e del resto non mi fregava proprio niente.
Srotolava tutte le note che riusciva a trovare nella tromba provocando ininterrotte cascate di emozioni. Non era la prima volta che sentivo un artista mostrare dal vivo tutta la sua inquietudine, il risentimento, la frustrazione ed il rimpianto, anche attraverso quell’incredibile strumento che, sollecitato al suo limite, fa somigliare il suono ad un lamento estremo; un urlo di agonia che sembra preludere ad un definitivo silenzio o ad un’esplosione dell'anima e del metallo che lo tiene insieme. Era solo un’impressione. Quella tromba ritrovava, subito dopo, vita e vigore nella successione frenetica di acuti che, inevitabilmente, portava quello stesso limite ancora più avanti...
...Eppure quella sera non avevo nessuna voglia di uscire, anche se c'erano almeno due ottimi motivi per farlo: i biglietti, estinti da mesi al botteghino e rimediati non si sa come, e Simona. Simona aveva dalla sua un gran bel fisico ed una certa fama che la rendevano più che desiderabile, era però una pessima conversazione ed andava comunque palleggiata in qualche modo prima di proporle una notte di sesso nel mio appartamento. Il gioco valeva di certo la candela, ciononostante la pigrizia che s'impossessava di me verso sera sconsigliava a più riprese di schiodare dalla poltrona di casa. Fu terribile spogliarsi e violentarsi sotto la doccia, rivestirsi in modo appena decente (la giacca purtroppo era d’obbligo) e uscire di casa per andare a prendere la tipa e imboccare l'autostrada verso la Capitale. Eppure, mentre sentivo la tromba annaspare, mi resi conto che non avrei potuto essere più felice per aver compiuto quello sforzo e di trovarmi esattamente dove dovevo essere.
Simona però, amante della musica italiana, delle boy band e del pop inglese, era ormai giunta al tracollo psico-fisico, devastata da una insostenibile esibizione di jazz e dalla compagnia di un muto e noioso compagno di una sola serata (perché difficilmente avrebbe concesso una seconda chance), reso ebete da una tromba starnazzante...